Il castello BB

 


Chiamaci:
+39 339 1837781
E-mail







Il castello di Padenghe: la storia.

Tra i secoli 9° e 10°, al tempo delle invasioni Ungariche e delle immigrazioni dei primi Cristiani Greci confusi con colonie Romane, venne costruito il Castello, come tutti gli altri della Valtenesi, sui ruderi di epoca romana (sotto la potestà di Carlo Magno).
In quest’epoca le nostre genti di allora, abitanti sulle righe del lago, si erano trasferite nelle località di S. Emiliano, la cui chiesa dedicata al nome del martire bulgaro (300 d.c.) venne eretta a parrocchia con annesso cimitero.
Altre genti di Padenghe e Moniga restarono sulla costa di S. Cassiano (Parrocchia dedicata ad altro martire bulgaro del 300 d.c.) per poi nel 1400, risalire presso S. Emiliano.
Passata tutta la riviera bresciana alla giurisdizione della Repubblica Veneta, durante le lotte per il dominio del Valvassori e dei Feudatari, il Castello fu la meta di assalti e persino di contrattazioni fra i contendenti per il suo possesso.
I Feudatari più rinomati e che lasciarono traccia del loro dominio su Padenghe e dintorni (Drugolo), furono gli Averoldi, investiti da Ottone 1° Imperatore, che praticarono fortificazioni con Torricelle, dette anche rocchette, prospicienti il lago. Da qui l’origine della chiesetta della Torricella.
A levante del Castello sorse il cosiddetto Castellino a difesa esterna dello stesso Castello.
Pare che un altro forte fosse sorto al di la della vallata, detta contrada del Monte, per le residue murature rintracciate.
Nei secoli successivi il Castello fu dominio di altri casati, come i Conti Vimercati, detti i Castellani della Rocca di Padenghe, il Piccinino ecc….., ma poi durante la sudditanza al dominio Veneto (1400-1700) e fino all’epoca della Repubblica Cisalpina, l’interno del Castello venne occupato gradualmente da abitazioni.
Il Castello e le abitazioni esistenti nel suo interno costituiscono le strutture architettoniche civili più antiche di Padenghe.
Il Castello è sotto vincolo della Soprintendenza ai monumenti della Lombardia.



I moderni sono più perspicaci degli antichi,
ma non più sapienti...
siamo come un nano sulle spalle di un gigante...
vediamo più degli antichi perché i nostri piccoli scritti
si aggiungono a grandi opere:
il tutto, però, risulta non dal nostro ingegno e
dalla nostra fatica, ma dalla loro.

- GUGLIELMO DI CONCHES -